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Horacio Castellanos Moya, La serva e il lottatore

La serva e il lottatore, di Horacio Castellanos Moya (trad. di Enrica Budetta, Rizzoli, 252 pagg., 18 euro) appartiene a un gruppo di quattro romanzi – l’autore non ama la definizione di “saga” –, pubblicati fra il 2004 e il 2011, che ruotano intorno all’epopea della famiglia Aragón e inquadrano alcuni momenti cruciali della storia di El Salvador, come la sollevazione popolare contro il regime del dittatore Maximiliano Hernández Martínez del 1944 o la breve e cruenta guerra con l’Honduras del 1969. La trama si sviluppa nel giro di pochi giorni del 1980, alla vigilia dell’assassinio dell’arcivescovo Óscar Romero e dello scoppio della guerra civile che insanguinerà il paese fino al 1992, con oltre 80.000 vittime, opponendo i guerriglieri del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmnl) a una serie di governi guidati da militari con l’attivo sostegno di Ronald Reagan e degli Stati Uniti. Divennero tristemente famosi gli squadroni della morte, che fecero scomparire migliaia di militanti di sinistra, e proprio un ex membro di questi gruppi paramilitari, Robocop, è il protagonista dell’unico romanzo di Castellanos Moya tradotto finora in Italia, L’uomo arma (La Nuova Frontiera, 2006): dopo la smobilitazione, diventa un delinquente comune. E non si è trattato di “casi isolati”: basti pensare che la Mara Salvatrucha – una delle bande più numerose, ramificate e crudeli della delinquenza organizzata che infesta il Centroamerica, alcuni Stati occidentali degli Usa e il Canada – è nata a Los Angeles proprio da espatriati salvadoregni.

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