César Aira, Las conversaciones, Beatriz Viterbo, 2008.
“Ho sempre diffidato di quegli intellettuali che ignorano l’esistenza dei Rolling Stones.”
Non è facile intercettare tutta la produzione letteraria di Aira via via che viene pubblicata. Da un po’ di tempo in qua pubblica 3-4 delle sue “novelitas” all’anno. Questo romanzo, per esempio, che risale al 2008, mi era sfuggito. Si inserisce in una serie ideale inaugurata da “Cumpleaños”, del 2001, proseguita con “Fragmentos de un diario en los Alpes”, del 2002, e con “Como me reí”, del 2005. Tutti questi romanzi sono accomunati da una forte impronta autobiografica e da un tono diaristico, e l’autore si presenta senza più indossare la maschera dello scienziato pazzo (“El congreso de literatura”, “Las curas milagrosas del doctor Aira”) o dello scrittore ubriacone, frivolo e drogato (“Embalse”). E non ricorre nemmeno alla deformazione di episodi dell’infanzia (“Come diventai monaca”, “El tilo”), ma si limita a presentare un contesto – le conversazioni al bar con gli amici intellettuali e le laboriose riflessioni notturne su queste conversazioni – del tutto plausibile e verosimile, per una volta lontano da incursioni di alieni (“I fantasmi”, “Il marmo”) e da trasformazioni fantasmagoriche (“La serpiente”, “Las noches de Flores”).