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José Emilio Pacheco – Le battaglie nel deserto

«Povero Messico, così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti»: la celebre citazione di Porfirio Díaz, presidente messicano tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, si attaglia alla perfezione al padre di Carlos – il bambino di otto anni protagonista di questo splendido romanzo breve –, costretto a chiudere la sua fabbrica di sapone per la concorrenza dei detersivi statunitensi.

È il 1948, e la scuola di Carlos è frequentata da immigrati ebrei e mediorientali che durante la ricreazione riproducono le “battaglie nel deserto” condotte in quei giorni dai grandi. Il suo amichetto però è Jim, figlio di un americano e di Mariana, donna affascinante e chiacchierata. Carlos se ne innamora perdutamente e arriva persino a dichiararsi. La cosa viene risaputa e scoppia uno scandalo in famiglia.

Ci voleva un poeta (e che poeta! Premio Cervantes nel 2009) per condensare in così poche pagine il racconto di un amore impossibile, che segna anche il traumatico ingresso nel mondo ipocrita degli adulti, e questo mentre ci da un ritratto impressionista, con brevi e precise pennellate, dell’avvento della modernità a Città del Messico. Niente esotismi, comunque, anzi, alcune annotazioni risultano fin troppo familiari al lettore italiano di oggi: «Gli adulti si lamentavano per l’inflazione, i cambiamenti, il traffico, l’immoralità, il rumore, la delinquenza, il sovraffollamento, i mendicanti, gli stranieri, la corruzione, l’arricchimento osceno di pochi e la miseria di quasi tutti».

Dal 1981 il romanzo ha avuto innumerevoli riedizioni in Messico, ha ispirato un film e un brano della band Café Tacuba. La sua malinconica epigrafe potrebbe costituirne anche la conclusione: «Il passato è una terra straniera: fanno le cose in modo diverso laggiù». Per conoscere invece la visione che Pacheco ha del futuro dobbiamo ricorrere a una sua poesia:

A vent’anni mi dissero: «Bisogna / sacrificarsi per il domani». / E abbiamo dato la vita sull’altare / del dio che non arriva mai. / Mi piacerebbe ritrovarmi ora, alla fine, / con i vecchi maestri di allora. / Dovrebbero dirmi se davvero / tutto questo orrore di adesso era il domani.

 

(Pubblicato su Pulp n. 98, luglio-agosto 2012.)

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